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Nessun argomento al pari delle invasioni barbariche ha suscitato l'interesse degli storici per definire la fine di un mondo e l'inizio di una nuova epoca. Usare oggi l'espressione "i barbari alle porte" significa ricorrere a una formula anacronistica quando si ravvisa il profilarsi, temuto più che reale, di uno scontro di civiltà. Il barbaro era per i romani nient'altro che un metro di paragone per misurare l'inciviltà rispetto al progresso, ma al tempo stesso rappresentava anche un elemento di cui l'impero non poteva fare a meno. Ciò che si prefigge questo libro è evidenziare come la tarda romanità favorì il fenomeno in questione; far comprendere cioè come l'incontro con l'altro abbia costituito un importante tassello, nel complesso meccanismo di incastri fatto di continuità e cambiamenti, che nei vari settori della società dettero vita a quel crogiuolo di contaminazioni che portò popoli lontanissimi geograficamente a fondersi tra loro e a porre le basi della successiva epoca medioevale, vera e propria fusione fra la tradizione latina e gli usi e costumi dei popoli germanici e delle steppe, il tutto plasmato dalla grande forza del Cristianesimo.